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Il cioccolato e la sessualità: tra neurochimica, cultura e psicosessuologia

di Dott.ssa Denise Fedele, Psicologa, Sessuologa e Consulente Sessuale


Cioccolatini in una scatola a forma di cuore, sfondo rosso

Abstract


Il cioccolato è da secoli legato al desiderio, alla sensualità e all’immaginario erotico. Ma questa associazione trova fondamento nella biologia oppure è frutto di costruzioni culturali e psicologiche? Questo articolo approfondisce la relazione tra cioccolato e sessualità attraverso una prospettiva multidisciplinare: neurochimica, culturale, simbolica e clinica. Dopo aver analizzato le componenti chimiche e neurobiologiche del cioccolato, si esplorano le radici storiche del suo potere evocativo, per poi soffermarsi sul ruolo che il piacere consapevole e l’esperienza sensoriale possono avere all’interno del percorso terapeutico psicosessuologico. Il contributo si propone di chiarire miti diffusi, offrire spunti di riflessione per una sessualità più autentica e riconnettere le persone alla dimensione del piacere quotidiano come diritto, non come lusso.


Introduzione: Il mito del cioccolato come afrodisiaco 

Cioccolatini e una rosa rossa

Il binomio cioccolato-sesso è largamente diffuso nella cultura popolare. Serie TV, pubblicità e romanzi erotici hanno rafforzato l’idea che il cioccolato sia un alimento sensuale, capace di stimolare il desiderio sessuale. Questa associazione viene spesso proposta come verità scientifica, ma è importante interrogarsi sulla sua origine, sulla sua diffusione e sulla sua effettiva validità.


Il cioccolato, sin dalle sue origini nelle antiche civiltà mesoamericane, è stato avvolto da un’aura mitica e sacra. Gli Aztechi, in particolare, veneravano il cacao come dono divino. Il dio Quetzalcoatl, nella mitologia azteca, è considerato il portatore del cacao agli uomini, simbolo di vita, fertilità e prosperità. Il cacao non era solo un alimento, ma un elisir dagli effetti quasi magici, utilizzato in rituali sacri e cerimonie religiose.

Nei miti, il cioccolato rappresentava un legame tra il mondo terreno e quello spirituale, capace di evocare piacere e potere. Era riservato alle classi nobili e ai sacerdoti, un “cibo degli dei” che simboleggiava abbondanza e vitalità sessuale. La sua natura amara e preziosa lo rendeva un simbolo di dualità: vita e morte, dolcezza e forza, piacere e sacralità.


Questi elementi mitologici hanno attraversato i secoli, influenzando l’immaginario europeo e dando origine all’idea romantica e afrodisiaca del cioccolato. 

In epoca vittoriana era uno dei pochi "lussi" concessi alle donne, e veniva spesso connotato come sostituto simbolico dell'appagamento erotico in un contesto sociale repressivo. 


Oggi, il fascino leggendario del cioccolato come stimolante del desiderio viene celebrato attraverso l’esaltazione dalla sua capacità di risvegliare i sensi e la vitalità.

La pubblicità moderna ha accentuato questa immagine, proponendo il cioccolato come un "piacere peccaminoso" ma accettabile, soprattutto per il pubblico femminile.

Tutto questo costruisce una narrazione che associa il consumo di cioccolato all'erotismo, ma si tratta di una costruzione culturale più che di un effetto biologico reale.


Anche la sua connotazione come sostanza “afrodisiaca” è fuorviante. In ambito scientifico, infatti, un afrodisiaco è una sostanza in grado di aumentare il desiderio sessuale tramite meccanismi farmacologici misurabili. Il cioccolato, pur contenendo molecole coinvolte nel piacere e nell’umore (come la feniletilamina o la teobromina), non agisce in modo specifico sulla libido, né presenta effetti vasodilatatori sull’area genitale.

Il fascino del mito sta dunque nella sua potenza immaginifica: il cioccolato diventa simbolo di un desiderio più ampio, che non riguarda solo la sessualità ma anche la libertà, la gratificazione personale, il contatto con il piacere.



Il cioccolato nella storia

Tartufini di cioccolato

Il cioccolato ha origini antiche: le civiltà mesoamericane, in particolare Maya e Aztechi, lo consideravano sacro. Non si trattava di un dolce, ma di una bevanda amara, speziata, usata nei rituali religiosi, nei matrimoni e nei sacrifici. Montezuma II, imperatore azteco, era noto per berne litri prima di accedere all’harem, convinto delle sue proprietà afrodisiache.

Per queste popolazioni, il cacao aveva un forte valore simbolico e spirituale: rappresentava energia vitale, connessione con il divino e potere sessuale. In alcune cerimonie matrimoniali, gli sposi bevevano cacao per propiziare fertilità e passione.


Con la conquista coloniale, il cacao giunse in Europa, dove fu inizialmente accolto come medicina e poi trasformato in un bene di lusso riservato all’élite aristocratica. Il suo consumo si diffuse nei salotti nobiliari, diventando parte di rituali sociali ed espressione di status. La componente sensuale non scomparve, ma si adattò al contesto europeo: il cioccolato divenne una metafora raffinata del desiderio e del piacere.


Nel corso del XVIII e XIX secolo, il cioccolato fu progressivamente associato alla femminilità, al conforto emotivo e al piacere personale. Questa costruzione si intensificò nel Novecento con la diffusione della pubblicità di massa, che cominciò a ritrarre il cioccolato come un'esperienza intima, indulgente, spesso alternativa alla relazione erotica stessa. In alcune culture, specialmente in contesti dove la sessualità femminile era repressa, il cioccolato divenne un modo simbolico per esprimere desiderio e autoerotismo in forma socialmente accettabile.


Dunque, la percezione del cioccolato come afrodisiaco è frutto di un lungo processo di costruzione culturale, stratificato nel tempo e nei significati, che continua ancora oggi a influenzare l’immaginario collettivo.



La Chimica del Cioccolato

molecole

Il cioccolato è una miscela complessa di sostanze bioattive, alcune delle quali agiscono sul cervello umano influenzando umore e percezione del piacere. Tra le principali il cioccolato contiene:


  • Teobromina: è uno stimolante naturale simile alla caffeina che agisce sul sistema nervoso centrale e può contribuire a una lieve sensazione di benessere e vigilanza.

  • Caffeina: in quantità ridotte, anche il cioccolato contiene caffeina. Essa ha effetti stimolanti sull’attenzione e sulla concentrazione.

  • Feniletilamina (PEA), anche chiamata “ormone dell’amore”: la sua concentrazione nel cioccolato è molto bassa e viene metabolizzata rapidamente. Essa favorisce il rilascio di dopamina ed è coinvolta nei primi stadi dell’innamoramento. 

  • Anandamide: E’ composto lipidico o endocannabinoide prodotto naturalmente nel corpo che può agire sui recettori della ricompensa, generando sensazioni piacevoli simili a quelle prodotte dalla cannabis, anche se in misura molto ridotta.

  • Triptofano: amminoacido essenziale, ovvero una sostanza che il nostro corpo non può produrre da solo e che quindi deve essere assunta attraverso l'alimentazione. Esso funge da precursore della serotonina, un neurotrasmettitore che regola l'umore, il sonno e l'appetito, anche chiamato il “neurotrasmettitore del benessere”. Livelli adeguati di serotonina sono associati a benessere emotivo, riduzione dello stress e migliore qualità del sonno.

  • Flavonoidi: sono una vasta classe di composti noti per le loro proprietà antiossidanti naturali che sembrano avere effetti positivi sulla salute cardiovascolare e sulla funzione cognitiva.


Nonostante la presenza di queste molecole, la letteratura scientifica (Di Tomaso et al., 1996; Smit et al., 2004; Tomaszewski et al., 2020) concorda sul fatto che le loro concentrazioni nel cioccolato siano troppo basse per generare effetti afrodisiaci clinicamente rilevanti. Tuttavia, l’insieme delle microstimolazioni che queste sostanze producono può contribuire a un’esperienza di piacere soggettivo.

In altre parole, più che agire direttamente sulla sessualità, il cioccolato modula l’umore, la gratificazione sensoriale e lo stato di rilassamento, elementi che possono facilitare — indirettamente — una maggiore apertura al desiderio.



Il cioccolato come esperienza sensoriale erotica

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Se il cioccolato non agisce sul desiderio in modo diretto, è però vero che attiva una complessa esperienza sensoriale. Gusto, olfatto, tatto e vista sono coinvolti in modo profondo. La sua consistenza vellutata, la capacità di sciogliersi lentamente sulla lingua e l’intensità del gusto creano una forma di gratificazione multisensoriale che può evocare esperienze sensuali e autoerotiche.


In chiave erotica, il gesto del mangiare cioccolato — soprattutto se lento, consapevole, immerso nei sensi — può rappresentare un piccolo rituale di piacere. Un momento intimo, personale, in cui la mente si concentra sul corpo e sulle sue sensazioni. È in questo spazio che il cioccolato può assumere una funzione simbolica: diventa una via per accedere alla dimensione del desiderio, non attraverso un effetto farmacologico, ma attraverso la connessione con la propria esperienza corporea.


La lentezza richiesta per gustare appieno il cioccolato si accorda con l’approccio slow all’erotismo: un invito a rallentare, a sentire, a essere presenti. 

In terapia, per esempio, può diventare un esercizio da prescrivere al paziente, per favorire il contatto con il piacere, stimolare l’immaginazione erotica, o semplicemente per rieducare all’ascolto sensoriale. 



Il concetto di piacere consapevole 

Una coppia mangia una mela in modo sensuale

Il piacere consapevole, inteso come capacità di sintonizzarsi con le proprie sensazioni e i propri desideri senza giudizio, è una competenza che può essere riattivata e coltivata nel tempo. In questo senso, esperienze semplici e quotidiane come il contatto con il cibo — se vissute con intenzionalità — possono aiutare a costruire una nuova alleanza con il corpo e con la sessualità.

Nel lavoro clinico con persone o coppie che riportano difficoltà legate alla sessualità, il tema del piacere consapevole assume un ruolo centrale. Spesso il piacere viene vissuto come colpa, dovere o prestazione, e non come esperienza incarnata, soggettiva e relazionale. L’approccio psicosessuologico consente di esplorare la relazione individuale con il desiderio, la sensualità e il corpo, restituendo dignità alla dimensione del sentire.

In questo contesto, il cioccolato può diventare uno strumento simbolico e pratico per accompagnare i pazienti a riconnettersi con il piacere. Proporre, ad esempio, esercizi di mindfulness sensoriale che prevedano l’uso del cioccolato (come gustarlo lentamente, osservarne forma, profumo, consistenza) può favorire il ritorno a un’esperienza erotica non genitale, basata sull’ascolto e sulla presenza.



Conclusioni 

Una mano con un guanto decora delle praline di cioccolato

Il cioccolato, pur non essendo un afrodisiaco nel senso stretto del termine, possiede un forte potere evocativo, simbolico e sensoriale che lo rende un alleato prezioso nella promozione del piacere consapevole. Attraverso una lettura che intreccia neuroscienze, antropologia e clinica psicosessuologica, emerge come questo alimento possa rappresentare un veicolo per riscoprire il contatto con il proprio corpo e con il desiderio.

Nella pratica terapeutica, l’uso del cioccolato come strumento metaforico o esperienziale si rivela utile per esplorare la dimensione del piacere senza performance, liberando la sessualità da aspettative e condizionamenti. Promuovere una cultura del piacere quotidiano, rispettoso e autodeterminato, significa anche educare alla lentezza, alla presenza e alla dignità del sentire.


In un’epoca in cui la sessualità è spesso iperstimolata ma poco interiorizzata, restituire valore ai piccoli gesti — come gustare un quadratino di cioccolato — può diventare un atto rivoluzionario. Un invito a prendersi cura di sé, ad ascoltare i segnali del corpo, a rieducarsi al piacere come componente fondamentale del benessere psicosessuale.


 
 
 

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